Il college americano è qualcosa di inimmaginabile per un qualsiasi studente italiano; ero già consapevole di questo, ma non davvero, non come ora lo sto scoprendo...ed è solo l'inizio!
E' come se qui lo studio fosse qualcosa di collaterale...si impegnano molto, e si vede, ma creano intorno al mero compito di "studiare" tutta un'esperienza incredibile fatta di vita sociale, animazione, eventi, club, strutture complesse. In Italia, ti iscrivi all'università, ricevi qualche informazione, ti mandano a casa e via, sei uno studente universitario: il resto sta a te.
Qui c'è tutto un universo dietro, e non solo per gli exchange student! Basta pensare che, proprio in questo momento, gli studenti del primo anno appena iscritti si trovano da qualche parte in California a fare una Orientation Adventure, una specie di gita. E l'anno non è nemmeno ancora incominciato! Perchè? Ma per farli conoscere, perchè facciano amicizia, perchè la loro vita universitaria non sia solo studio, anzi!
Noi exchange students, dal canto nostro, abbiamo passato gli ultimi 3 giorni tra shopping, tour della città e del college, discorsi profondi e toccanti da parte di tutto lo staff, indicazioni concrete e regole ferree...e una gita a Newport Beach.
Non saprei da dove cominciare nell'elencare le cose che più mi hanno colpito in questa breve ma intensa esperienza introduttiva...probabilmente ogni cosa che ho visto e fatto! Senza dubbio, la prima cosa da dire è il college in sè. E' qualcosa di più di un'università, qualcosa di più di una città, qualcosa di più di un hotel...è tutte queste cose messe insieme, e molto di più. Ci sono 5 college che fanno parte del consorzio, tutti vicini e tutti simili, ma ognuno con la sua personalità, la sua particolare architettura, i suoi diversi giardini con piante particolari...il verde è una cosa che colpisce ovunque ti volti: grandi, immensi prati rigogliosi anche se il clima è torrido e a malapena dovrebbero crescere cactus ed arbusti. Colpisce ancora di più perchè lo spazio è ancora quasi completamente vuoto, dato che la maggior parte degli studenti non sono ancora tornati: ti guardi intorno e ti immagini gli studenti che chiacchierano, ridono, studiano, si sdraiano nell'erba, e ti ritrovi a pensare che ogni singola cosa è stata studiata appositamente per loro. Non è come a Urbino, che è diventata a tutti gli effetti un campus, ma lo è solo perchè in una piccola città racchiusa da mura sono arrivati 15.000 studenti. Qui ogni panchina, ogni fontana, ogni albero, è stato piantano per gli studenti, perchè possano sfruttarli, amarli, perchè aiutino la loro carriera di studenti e di futuri lavoratori. E' una concezione completamente diversa della vita, e credo dovremmo imparare molto da loro in questo campo.
D'altronde, non ci sono solo panchine ed alberi: ci sono piscine, palestre, biblioteche, aree studio, cucine comuni, mille diverse mense che servono cose differenti ogni sera...tutto gratis. O meglio, costa un sacco di soldi. Ma poi è gratis, è lì, è tutto a tua disposizione. Anche in questi giorni di orientamento, non ho sborsato un centesimo. Colazioni, pranzi, cene, attività, eventi, strutture, personale...in qualche oscura maniera riescono a fare sì che tutto ciò sia a disposizione di tutti, anche di chi, come noi, effettivamente non sta pagando! A dire il vero non è difficile immaginare come: il valore della mia borsa di studio, almeno secondo quanto scritto sui fogli che mi hanno dato, è di 29 mila dollari. Ok? VENTINOVE MILA DOLLARI. Un semestre. Riucite ad immaginarlo? Io no. Non so nemmeno quantificare una tale cifra. Ma qui è così e non siamo nemmeno ad Harvard. Insomma, se una normale famiglia americana vuole mandare il figlio all'università, deve sborsare 29.000 dollari. Per 8 volte (4 anni). Un salasso. Infatti, negli Stati Uniti, esistono sistemi di prestito simili al mutuo per riuscire a permettersi tali cifre, nonchè borse di studio per quasi qualsiasi cosa. Ma, comunque, viene in mente una pubblicità sociale che mi è capitato di leggere da qualche parte, contro il sistema educativo americano: nell'immagine si vedeva un ragazzo povero che non poteva permettersi l'università, e lo slogan recitava "What if he was the next Einstein?". Ed è vero...è giusto rendere l'istruzione qualcosa di così elitario? Non so dare risposta a questa domanda, davvero...il mio spirito critico dice di no, ma d'altra parte sono una delle grandi potenze del mondo, se non altro dal punto di vista culturale e tecnologico. Qui è dove il Sogno Americano si può realizzare, dove da zero si può essere infinito. Qui, secondo una statistica riportata oggi, il 90% degli studenti si laurea nei 4 anni prestabiliti. E allora come puoi non giustificarli?
L'altra grande cosa che mi ha colpito, e credo continuerà a colpirmi sempre, è quella che io definisco (non solo io in realtà) l'"ipocrisia" americana.
Metà della giornata odierna l'hanno passata a spiegarci cosa si può e cosa non si può fare nel campus. Per la maggior parte, cosa NON si può. Regole, divieti, sanzioni...ore ed ore passate a fare vero e proprio terrorismo psicologico. Se fumi dove non devi sarai punito, se scarichi film la polizia rintraccia l'IP del computer e ti rimuovono dalla rete, se pubblichi su facebook una foto in cui bevi alcolici e sei minorenne, potresti avere ripercussioni. Non sto scherzando, porto esempi reali di cose che ci sono state dette oggi. Per ogni reato, la sua punizione. Molto chiaro, anzi, impossibile dire "non lo sapevo". Proprio qui sta la grande differenza: anche in Italia so che è illegale scaricare film o bere alcolici da minorenne, ma nessuno mi ha mai detto a cosa vado incontro se lo faccio. Qui è probabile che nessuno si accorga nemmeno di quello che fai, men che meno la polizia, ma il fatto è....pensate che mi metterò a provare se è vero?
La terra delle libertà, ma sei libero solo di fare come dicono loro. Ipocrisia, no? Però le cose funzionano. Non ho dubbi che nel college ci sia chi beve e ha 19 anni, chi fuma, chi fa uso di droghe e chi scarica film...ma la realtà è che sono certa che molte persone non avranno voglia di rischiare ripercussioni e si limiteranno a non provare neanche. Questo in fondo si chiama rispettare le regole...forse credere che la gente sia onesta per qualche senso di giustizia superiore è semplicemente sopravvalutato.
L'altra e più marcata forma di ipocrisia riguarda l'altra faccia della medaglia, cioè il fare ciò che loro ti hanno detto di non fare. Ti dicono che non devi ubriacarti e istituiscono la "dry week" per la prima settimana, ma poi il resto dell'anno? Fare una cosa del genere non è come sottolineare la cosa con un "dalla seconda fate quello che vi pare"? Oppure, puoi andare in giro con una bottiglia di alcool, ma solo se chiusa...sigillata anzi. Se vai da una camera all'altra con la bottiglia chiusa, va bene, stai andando ad ubriacarti in qualche dormitorio, ma ok, che problema c'è. Se però il tappo non è più sigillato, non puoi. Che senso ha mi chiedo? E' come se stessero continuamente lì a dirti che ti osservano e ti controllano. Poi però ti passano accanto e fingono di guardare dall'altra parte.
L'ultima considerazione, ma forse la più importante e degna di nota, è il modo in cui si presentano. E di conseguenza, il modo in cui ti fanno sentire per avere l'opportunità di essere lì. Oggi, durante i primi discorsi introduttivi dei membri dello staff, quando varie persone parlavano della nostra esperienza, di come ci avrebbe cambiato, di come sarebbe stata importante...quasi piangevo! Il modo di fare i discorsi, come si muovono, come gli brillano gli occhi...è una forma di patriottismo che ti contagia, ti fa sentire parte di qualcosa, ti fa sentire importante a tua volta perchè puoi fare parte di qualcosa di così bello e di valore. Sarebbe bello poter fare un erasmus in Italia, per poter davvero valutare le differenze e dare un giudizio. Non posso, quindi dovrò basarmi sulle mie uniche esperienze, cioè le presentazioni dei miei corsi universitari e, prima, del mio liceo. Mai, in 20 anni di carriera studentesca, ho sentito l'entusiasmo che ho percepito oggi in chi parlava. Mai mi sono sentita così coinvolta, così appoggiata, così importante per un'istituzione...hanno creato interi programmi ed eventi per noi, dalla host family al picnic di benvenuto, dall'iPlace per gli studenti stranieri al "passaporto" contenente tutte le informazioni e tutti gli eventi...
Adesso sono solo curiosa di vedere come procede. Tutto questo è fantastico, ma ha anche tanti lati oscuri, alcuni dei quali li ho già nominati. La cultura americana, l'American way of life, è fatta di grandi luci e di grandi ombre, di cose meravigliose e altre che vanno a scapito dei più deboli, di grandi opportunità ed enormi sconfitte...in Italia, invece, nella nostra mediocrità almeno sappiamo di non sbagliare. Continuerò a scrutare questo straordinario mondo, ma terrò sempre gli occhi bene aperti per non cadere nella trappola dei creduloni. Solo così potrò portare a casa dei veri insegnamenti e magari, se potrò e ne sarò capace, cercare di migliorare un po' ciò che non va a casa mia.
C'era una volta una ragazza che non riusciva a stare ferma...la sua valigia era sempre pronta: a volte faceva piccoli viaggi, altre attraversava l'italia per amore, altre ancora scappava il più lontano possibile da se stessa...era sempre in cerca di qualcosa... E lo sta ancora cercando...
giovedì 29 agosto 2013
American way of life
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domenica 25 agosto 2013
Pronti, partenza......via
È arrivato il giorno. Sono sull'aereo che mi porterà negli Stati Uniti, destinazione : LAX international airport.
È difficile spiegare come ci si sente, anzi come io mi sento perché non è mai bene generalizzare. Be, IO sono terrorizzata. Lascio a casa una famiglia amorevole, una vita piena, un ragazzo che mi ama, un'esistenza comoda. Perché? Perché certe persone sentono il richiamo di questo, di quest'ansia, del momento in cui saluti tutti, degli istanti in cui ti rendi conto che una tal cosa la stai vedendo per l'ultima volta, della sensazione di forza data dalla solitudine e dalla paura. Come chi si lancia dagli aerei o dalle scogliere (cose che peraltro faccio o voglio fare anche io), è la ricerca del limite. È superarlo, e rendersi conto che lo si sta facendo.
Ho sentito di recente una battuta da qualcuno: che il mondo si divide in gente che ha fatto l'Erasmus e gente che non l'ha fatto. E i secondi non possono capire i primi. Ancora io non so se sia vero, anche se suppongo di stare per scoprirlo. Ma credo sia vero, perché in questo momento capisco che non c'è nulla paragonato a questa sensazione: Erasmus, lavoro all'estero, cambio di vita in genere...sapere cosa sei oggi e non avere la minima fottuta idea di cosa sarai domani...poche ore che fanno un mondo di differenza. Non esiste altrove.
Ora che sono in viaggio, ora che ho fatto entrare 4 mesi di vita in 32 kg di "bagaglio pesante" (che erano 38 prima e 35 poi, svuotato ulteriormente in aeroporto perché era troppo pesante), ora che sono mentalmente "vergine" sia dalla mia vita passata che da quella futura...voglio pormi degli obiettivi per questa esperienza:
- voglio crescere come persona: andare lontano, da soli, secondo me serve o dovrebbe servire a questo; è un concetto vago, lo so, ma significa tornare sentendosi più maturi di prima e con degli strumenti in più per affrontare la vita.
- voglio apprezzare il mio paese conoscendo l' "altro"...è facile dire che gli USA sono fantastici, e criticare l'Italia. D'altronde, per molti versi é vero. Ma maturità è anche capire i limiti di ciò che sembra fantastico, patriottismo è apprendere dal di fuori per cercare di cambiare dal di dentro, e un'esperienza all'estero non può trasformarsi solo in un motivo di rimpianto per essere tornata a casa. Non voglio che per me sia così, voglio tornare a casa più felice di prima, non il contrario. Se no me ne restavo li, no?
- voglio conoscere gente dal mondo per diventare una cittadina del mondo. E perché è più facile visitare posti lontano se sai di avere qualcuno che ti da una mano ;) ho sempre amato conoscere, in senso profondo, culture diverse, accorgermi delle differenze...qui non solo conoscerò gli USA, ma il Giappone, l'Australia, la Germania, l'India........
- infine, vorrei davvero chiarirmi le idee sul mio futuro. Ho scelto di fare quest'esperienza per tanti motivi, alcuni futili, altri molto seri...ma in primis era il mio "anno sabbatico", quello che volevo prendermi prima dell'università per pensare a quale scelta fare, quello che già al liceo desideravo compiere...mi riapproprio di un tempo che doveva essere mio da anni, e che non deve andare sprecato. Ho le idee molto confuse su cosa voglio essere e su come diventarlo...spero che conoscere questa realtà nuova e tanta gente dal mondo allarghi i miei orizzonti e le mie prospettive, e di tornare con un'idea più chiara sul mio futuro.
Credo sia tutto, o perlomeno che questi siano gli obiettivi che vale la pena scrivere per non lasciare che le feste, le nuove amicizie, la cosiddetta "sindrome da Erasmus" cambino...ora sta all'America aiutarmi a realizzarli, ma soprattutto a me cogliere le occasioni giuste e vivere al massimo questa meritata esperienza. E quindi, davvero...pronti, partenza...
Viaaaaaaaaaaa!!!!!!
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